"Terra bruciata" e la testimonianza del passato. Di Cinzia Cogni.
Leggere un libro che tratta il tema dell'inquisizione
nei confronti di uomini e donne realmente esistiti nel XVII secolo e che
subiscono processi e torture documentati fin nei minimi particolari, lo
ammetto, non è stato facile.
Nonostante ami il romanzo storico e sia avvezza a certe letture, in
questo caso, non sono riuscita a rimanere indifferente alle sofferenze
psichiche e fisiche a cui vengono sottoposti i protagonisti di "Terra
bruciata".
L'autore, infatti, riesce a far immedesimare fin dalle prime pagine il
lettore, attraverso uno stile introspettivo che rende i personaggi
affini e reali, in questo modo si entra in simbiosi con loro e si
percepiscono i loro tormenti, le loro paure, si comprende il loro modo
di ragionare e questo indistintamente dalla vittima al carnefice,
perche' Gerry Mottis riesce a dare ad ognuno di loro un carattere e
perfino un'anima.
Un romanzo che oscilla fra realtà e finzione, ma che inaspettatamente fa
emergere sentimenti di commozione e compassione, oltre alla rabbia di
toccare con mano, grazie alle testimonianze ritrovate negli Archivi di
Circolo, l'ignoranza e la cattiveria di quel periodo storico, supportate
e alimentate dalla Chiesa.
Protagonista della storia è il boia Abadeus Kaspar che
giunge dalle terre di confine delle 3 leghe per prendere il posto di
quello precedente (misteriosamente ucciso) e che porterà a Comungrande
di Mesolcina diverse novità.
Profondo conoscitore del "Malleus Maleficarum" o "Martello delle
streghe" (il famoso libro guida per cacciare le streghe scritto nel 1487
da 2 frati domenicani tedeschi poi divulgato agli inquisitori
cattolici),il nuovo Ministro di Giustizia sarà per questo motivo, ancor
più temuto ed isolato dal resto della comunità e solo grazie ad una
meretrice e conoscitrice delle erbe, Saphira, comincerà il suo
cambiamento, scoprira' cos'è la pietà, fino a prendere coscienza che le
confessioni sotto tortura non sono la prova di una colpevolezza ne la
personificazione del male.
Durante i 4 processi
raccontati nel romanzo, che si svolsero realmente tra il 1613 e il 1615
, l' autore riesce a creare un atmosfera cupa e di terrore, senza
tralasciare neppure il minimo dettaglio sui modi ed i metodi utilizzati
dal Tribunale dei Trenta di Roveredo
e dal boia, mettendo in evidenza le sofferenze dell'inquisito.
Il Martello delle streghe. Prima parte. Capitolo I.
"Non sono un assassino"
ribadì il boia " non spetta a me giudicare e condannare. Non provo
piacere ad impiccare o ad ardere sul rogo. Proprio come tu non provi
piacere a farti prendere da chicchessia. Facciamo solo quello che siamo
chiamati a fare."
" Siamo la mano armata della Giustizia"
Il boia fece per allontanarsi.
"Nulla potrà mai cambiare se continuiamo a fare ciò che facciamo, senza chiederci se sia giusto o sbagliato" affermò il boia.