Dal caos alla poesia tradizionale
Scriveva l'esimio intellettuale argentino Jorge Luis Borges: "C'è una constatazione evidente da fare: la nostra letteratura tende al caotico. [...] Si tende a sopprimere personaggi, trama, tutto è vago. In questa nostra epoca, così caotica, c'è una cosa che, umilmente, ha conservato le virtù classiche: il racconto poliziesco. Non è possibile concepire un racconto poliziesco senza principio. [...] Io direi, in difesa del romanzo poliziesco [...], letto con un certo disdegno ora, sta salvando l'ordine in un'epoca di disordine."
Se Borges sviluppò una chiara apologia nei confronti di un genere sempre ritenuto "basso", "popolare", "di massa" come il giallo, mi piace offrire sulla tavola borgesiana nuove carte che ne avvalorino le tesi. In fondo, secondo il filosofo, il concetto di letteratura ragionata, costruita secondo principi regolati, schematica e lineare, permette (almeno nella fantasia) di salvare "l'ordine in un epoca di disordine". Nulla di più prezioso per la letteratura lirica d'epoca. Pensiamo ai "Canzonieri" poetici che hanno vissuto nel corso di molti secoli e che nel Novecento (sarà un caso?) sono scomparsi dalla scena. Oggi, poco o nulla è il peso formale della poesia, il ricettario si ritaglia i suoi spazi attorno alla spontaneità, confermandone le disparità, il caos. Idealmente, in conclusione, credo che all'intellettuale, poeta o meno, spetti oggi più che mai il compito di dialogare nuovamente con la tradizione, recuperare schemi e approcci perduti, appunto per ristabilire un po' di ordine, laddove ormai regna il disordine.
(Gerry Mottis - 29 novembre 2002)